Secondo il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali alla sua V revisione (noto anche con la sigla DSM-5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), il Disturbo di Panico ha le seguenti caratteristiche: ricorrenti attacchi di panico inaspettati. Un attacco di panico consiste nella comparsa improvvisa dipaura o disagio intensi che raggiunge il picco in pochi minuti. In tale periodo sono presenti 4 o più dei seguenti sintomi:
- palpitazioni, tachicardia, cardiopalmo
- sudorazione
- tremori fini o a grandi scosse
- dispnea o sensazione di soffocamento
- dolore o fastidio al petto
- nausea o disturbi addominali
- sensazione di vertigine, instabilità, di “testa leggera” o di svenimento
- brividi o vampate di calore
- parestesie
- deralizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (sensazione di essere distaccato da se stessi)
- paura di perdere il controllo o impazzire
- paura di morire
Almeno uno degli attacchi di panico è stato seguito per un mese o più da uno o entrambi i seguenti sintomi:
- preoccupazione persistente per l’insorgenza di un altro attacco o delle sue conseguenze ( ad es. perdere il controllo, avere un attacco cardiaco, impazzire..)
- significativa alterazione disadattativa del comportamento in correlazione degli attacchi (ad es. evitare le situazioni e i luoghi dove avvenuti i precedenti attacchi, evitare l’esercizio fisico…)
I sintomi dell’attacco di panico si sviluppano improvvisamente e raggiungono il picco massimo di intensità entro 10 minuti. La maggior parte degli attacchi di panico si esaurisce in 20-30 minuti e raramente dura più di un’ora.
La prevalenza del disturbo è del 2-3% sia negli adulti che negli adolescenti. In infanzia possono presentarsi degli attacchi di panico isolati, ma il disturbo di Panico è raro. Possono essere invece frequenti attacchi d’ansia intensi con la comparsa solo di alcuni sintomi tipici dell’attacco di panico (“ferfull spells”). L’età d’esordio dei primi attacchi di panico può essere verso i 12 anni. L’età media di insorgenza è, tuttavia, tra i 20-24 anni. Dopo i 45 anni l’esordio è insolito. Già in adolescenza le femmine sono più colpite di maschi.
Solitamente il decorso del Disturbo di Panico è cronico, se non trattato. Alcuni soggetti possono avere periodi di crisi seguiti da anni di remissione; altri possono avere una sintomatologia grave in modo continuativo. In genere il disturbo, sia negli adulti che negli adolescenti, è in complicato dalla presenza di altri disturbi psichiatrici, quali altri disturbi d’ansia (soprattutto l’Agorafobia), il Disturbo Depressivo Maggiore, Il disturbo Bipolare e il Disturbo da uso di alcol.
Fattori di rischio
Temperamentali.
Un temperamento caratterizzato predisposizione alle emozioni negative (“Affettività negativa”) e la sensibilità all’ansia, cioè la disposizione a credere che i sintomi dell’ansia siano nocivi sono fattori di rischio per l’insorgenza degli attacchi di panico.
Ambientali
Abusi fisici o sessuali in età infantile. Cure materne non sufficientemente adeguate. Il fumo di sigaretta. Eventi stressanti nei mesi precedenti il primo attacco di panico (malattie, lutti in famiglia, problematiche scolastiche o lavorative, matrimonio, nascita di un figlio ecc..).
Genetici e fisiologici
Si ipotizza che numerosi geni possano essere coinvolti. I geni esatti e le loro funzioni sono allo stato attuale ancora sconosciuti. I rischio di sviluppare il disturbo di Panico nei parenti di primo grado è del 20% (vs. 2-3% della popolazione generale) I sistemi neurotrasmettitoriali coinvolti sono i sistemi noradrenergici, serotoninergici e gabaergici, come dimostrato dalla possibilità di indurre un attacco di panico, nei soggetti predisposti, somministrando alcune sostanze quali isoproterenolo (beta agonista), yohimbina (antagonista recettoriale alfa2 adrenergico), fenfluramina (agente rilasciante la serotonina), il flumazenil (antagonista dei recettori GABA), la colecistochinins, la caffeina.
Anche gli ormoni sembrano avere un ruolo nella genesi del panico. Il progesterone ha un’attività ansiolitica (in gravidanza si è protetti dagli attacchi di panico).
L’amigdala e le strutture correlate sono le strutture cerebrali coinvolte. La stimolazione elettrica, infatti, di alcune aree del sistema limbico (ippocampo, amigdala, nuclei del setto) in soggetti sottoposti ad interventi neurochirurgici provoca ansia, dimostrerebbe un coinvolgimento di queste strutture nella genesi degli Attacchi di Panico.
Gli studi di neuroimmaging funzionale (PET) hanno evidenziato un aumento del flusso, del volume ematico e del consumo di ossigeno nelle aree paraippocampali di destra rispetto a sinistra. Anche la SPECT ha evidenziato riduzione del flusso nelle aree ippocampali ed aumento nelle corteccia occipitali, frontale inferiore e nel polo temporale di sinistra.
Terapia
Prima di intraprendere qualsiasi trattamento per il disturbo da attacchi di panico, è consigliabile sottoporsi ad analisi mediche allo scopo di escludere altre possibili cause dei sintomi provati.
Numerose altre condizioni, infatti, possono causare sintomi simili a quelli del panico, come un livello eccessivo dell’ormone tiroideo, alcuni tipi di epilessia o aritmie cardiache (ossia disturbi nel ritmo del battito cardiaco).
I trattamenti per la cura del disturbo di panico riconosciuti come più efficaci sono la farmacoterapia e la psicoterapia.
La terapia farmacologica è a base di benzodiazepine ed antidepressivi di nuova generazione.
Talvolta questo trattamento risulta risolutivo, ma frequentemente, all’interruzione della farmacoterapia, la sintomatologia si ripresenta. I farmaci, infatti, in tempi relativamente brevi riducono l’intensità dei sintomi che caratterizzano il disturbo, ma sembra lascino inalterate le sue cause. La terapia farmacologica ha, come risultato diretto, la riduzione delle reazioni neurovegetative coinvolte nell’attacco di panico. I farmaci, tuttavia, abbassando i livelli di sofferenza soggettiva e d’ansia di chi ha un disturbo di panico, creano le condizioni favorevoli per un intervento psicoterapeutico efficace.
Per tali motivi spesso si consiglia al paziente di seguire sia un trattamento integrato psico-farmacologico che sfrutti i benefici e i vantaggi di entrambi gli approcci.
Disturbi di Panico resistenti al trattamento. Indicazioni di Ricovero
Quando né la psicoterapia, né il trattamento farmacologico hanno dato risultati soddisfacenti, si dice che la persona presenta un disturbo resistente al trattamento; in questi casi può essere utile un ricovero in strutture specializzate nelle quali avviare protocolli di politrattamento (anche per via endovenosa, non attuabile altrove) e di terapia cognitivo-comportamentale intensiva.
Il ricovero può essere consigliabile anche per:
- chi presenta dei sintomi così gravi da impedire lo svolgimento delle normali attività di vita quotidiana,
- per chi è a rischio di suicidio,
- per chi ha scatti aggressivi,
- per chi ha situazioni familiari particolarmente complesse
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